La biografia di Antonio Canova
La mano e il volto di Antonio Canova. Nobile semplicità
Serena grandezza
Ritrarsi e farsi ritrarre: un atto di procreazione di Mario Guderzo
Antonio Canova
Antonio Canova nacque a Possagno (Treviso), a circa 80 km da Venezia, il primo
novembre 1757: a soli quattro anni rimase orfano del padre, Pietro; la madre,
Angela Zardo, si risposò poco dopo con Francesco Sartori e si trasferì nel
vicino paese di Crespano, ma Antonio rimase a Possagno, con il nonno Pasino Canova,
tagliapietre e scultore locale di discreta fama. Questi eventi segnarono la
sensibilità di Antonio Canova per tutta la vita.
Fin da giovanissimo, egli dimostrò una naturale inclinazione alla scultura:
eseguiva piccole opere con l'argilla di Possagno; si racconta che, all'età di
sei o sette anni, durante una cena di nobili veneziani, in una villa di Asolo,
abbia eseguito un leone di burro con tale bravura che tutti gli invitati ne
rimasero meravigliati: il padrone di casa, il Senatore Giovanni Falier, intuì
la capacità artistica di Antonio Canova e lo volle avviare allo studio e alla
formazione professionale.
Nel 1768, Canova cominciò a lavorare nello studio della scultura dei Torretti,
a Pagnano d'Asolo, poco distante da Possagno: quell'ambiente fu per il piccolo
Antonio (che tutti chiamavo “Tonin”) una vera e propria scuola d'arte. Furono i
Torretti ad introdurlo nel mondo veneziano, ricco di tanti fermenti culturali e
artistici. A Venezia, Canova frequentò la scuola di nudo all'Accademia e studiò
disegno traendo spunto dai calchi in gesso della Galleria di Filippo Farsetti.
Dopo aver lasciato lo studio dei Torretti, avviò una bottega in proprio: eseguì
le prime opere che lo resero famoso a Venezia e nel Veneto: Orfeo e Euridice
(1776), Dedalo e Icaro (1779).
Nel 1779, Canova compì il suo primo viaggio a Roma, dove produrrà le sue opere
più belle (dalle Grazie ad Amore e Psiche, dai Monumenti funebri dei Papi
Clemente XIII e XIV e a Maria Cristina d'Austria ai numerosi soggetti
mitologici, come Venere e Marte, Perseo vincitore della Medusa, Ettore e Aiace)
e lavorerà per sovrani, principi, papi ed imperatori di tutto il mondo. A Roma,
era ospite dell'ambasciatore veneto, a Palazzo Venezia, Gerolamo Zulian che fu grande
mecenate degli artisti veneti, da Pier Antonio Novelli a Gianantonio Selva, da
Giacomo Quarenghi a Francesco Piranesi, da Raffaello Morghen a Giovanni Volpato.
Lo stesso Zulian procurò a Canova le prime commissioni a Roma e direttamente
gli ordinò Teseo sul Minotauro (1781) e Psiche (1793).
Nel frattempo conobbe Domenica Volpato, figlia dell'incisore Giovanni, con la
quale ebbe un'amicizia travagliata; la sua fama cresceva in Italia e
all'estero: riceveva sempre nuove e impegnative commissioni da ogni parte
d'Europa. Ben presto, la sua arte, organizzata secondo la tecnica degli antichi
greci, dal disegno all'argilla, dal gesso al marmo, sviluppò un lavoro formidabile
e una vicinanza sempre più forte ai temi della mitologia classica: “lavoro
tutto il giorno come una bestia” - scrisse al suo amico Cesarotti - “ma è vero
altresì che quasi tutto il giorno ascolto a leggere i tomi sopra Omero”.
Quando i Francesi occuparono Roma, nel 1798, egli preferì abbandonare la città
e ritornare a Possagno dove si dedicò alla pittura: in due anni, egli dipinse
molte delle tele e quasi tutte le tempere che oggi sono custodite nella sua
Casa natale di Possagno.
Nel 1800, tornò a Roma dove la situazione si era fatta meno disordinata: lo
accompagnava il fratellastro Giovanni Battista Sartori che gli sarà fedele
segretario per tutta la vita.
L'avvento di Napoleone sulla scena politica europea (1804, incoronazione ad
imperatore) determinò un periodo fecondo della produzione artistica di Canova
(dal Napoleone di Apsley House ai busti dei Napoleonici, dal marmo di Letizia Ramolino
alla famosissima Paolina di villa Borghese) e contemporaneamente resiste alle
lusinghe di diventare l'artista della Corte dell'imperatore francese; anzi, nel
1815, subito dopo la disfatta di Waterloo, Canova è a Parigi, con il
fratellastro Giovanni Battista Sartori: grazie ad una abile azione diplomatica
riesce a riportare in Italia numerose e preziose opere artistiche trafugate da
Napoleone in Francia. Pio VII, per questa sua grande opere in difesa dell'arte
italiana, gli conferì il titolo di Marchese d'Ischia, con un vitalizio di
tremila scudi che egli volle elargire a sostegno delle accademie d'arte.
Nel luglio del 1819, Canova era a Possagno per porre la prima pietra del Tempio
che volle progettare e donare alla sua comunità come chiesa parrocchiale: il
maestoso edificio sarà completato solo dieci anni dopo la sua morte, avvenuta
il 13 ottobre 1822, a Venezia, in casa dell'amico Francesconi. Il suo corpo,
per volere del fratellastro, fu traslato prima nella vecchia parrocchiale e,
dal 1832, nel Tempio.
Oggi, a Possagno, chi visita gli ambienti che furono di Antonio Canova, il
Tinello, il Giardino, il Porticato, la grande “pignera” da lui stesso piantata,
la Scuderia, la Cucina, la “Torretta”… parlano ancora di lui, dei suoi “ozi”
dediti alla pittura, delle feste semplici e rustiche che i compaesani gli
dedicavano quando tornava da Roma o da Parigi o da Vienna e si immergeva nella
pace della sua contrada e della sua Casa.
Da: La mano e il volto di Antonio Canova. Nobile semplicità Serena grandezza
Possagno (Tv) - Museo e Gipsoteca Antonio Canova
Dall'11 ottobre 2008 all'1 marzo 2009