Gabriele Basilico
Gabriele Basilico (Milano, 1944), architetto, è uno dei fotografi noti a livello internazionale per le sue ricerche sul paesaggio urbano. E' impegnato da oltre 20 anni in progetti di ricerca personali e in incarichi pubblici e istituzionali.
Il suo primo progetto è Milano, ritratti di fabbriche (un lavoro condotto nella periferia ex-industriale di Milano, tra il 1978 e il 1980). Viene successivamente invitato, unico italiano, a partecipare alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R. (Délégation a l'Aménagement du Territoire et à l'Action Regionale), la più vasta e articolata campagna fotografica realizzata in Europa in tutto il XX secolo, organizzata dal governo francese dal 1983 al 1988. Nello stesso periodo realizza Porti di mare (1982-88) e nel 1991 la campagna fotografica su Beirut.
Gabriele Basilico |
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Negli anni '90 riprende la ricerca sul territorio italiano, e in particolare sulle trasformazioni del paesaggio urbano, prima a Milano, con The Interrupted City (1996), poi in sei zone diverse dell'Italia, con Sezioni del paesaggio italiano (1996), un progetto su sei percorsi paralleli da una città all'altra, concepito con Stefano Boeri.
Nel 1996 la giuria internazionale della VI Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia gli ha attribuito il premio Osella d'Oro per la fotografia di architettura contemporanea.
Il tema dell'identità della città tra preesistenza storica e sviluppo contemporaneo, tra distruzione e ricostruzione postbellica, tra utopia urbanistica e cantiere per il futuro, è, tra gli altri, ben rappresentato dal lavoro sulla città di Berlino del 2000, conseguente ad un invito ricevuto dalla DAAD (Deutscher Akademischer Austausch Dienst). Nel 2000 Basilico riceve il premio dell'I.N.U., Istituto Nazionale di Urbanistica, per il suo contributo alla documentazione fotografica dello spazio urbano contemporaneo.
Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private internazionali e il suo lavoro è stato esposto presso musei e istituzioni, gallerie private italiane ed europee.
Nell'introduzione al volume Basilico/Beirut, pubblicato da La Chambre Claire nel 1994, Gabriele Basilico ha definito il senso del suo lavoro: Le necessità della committenza garantivano il più ampio grado di libertà: a nessuno era stato assegnato un compito specifico né tanto meno una porzione di territorio sulla quale operare. Solo l'area topografica era stata individuata ed era la stessa per tutti, corrispondente alla parte centrale della città, limitata a nord dal mare, a sud dalla tangenziale chiamata Ring, a est dal quartiere cristiano, e a ovest da un quartiere "misto".
Non si trattava di realizzare un reportage o di produrre un inventario, bensì di comporre uno "stato delle cose", un'esperienza diretta del luogo affidata a una libera e personale interpretazione, in un momento delicatissimo e irripetibile della storia di Beirut: la fine, nel 1990, di un'estenuante guerra iniziata quindici anni prima (13 aprile 1975), e l'attesa di una ricostruzione annunciata. Una guerra assurda, spietata, perversamente giocata sulla ricomposizione degli schieramenti. Una guerra logorante, combattuta con armi medie e leggere, che ha distrutto centinaia di migliaia di vite umane e devastato il centro della città: in un'area di un chilometro per un chilometro e mezzo si è sparato senza sosta, nelle strade, dalle finestre, dai tetti, fin nei luoghi più sacri e privati, come dimostravano i bossoli di differenti calibri di proiettili che si trovavano ancora negli angoli più impensati. Alla fotografia veniva affidato il compito civile di contribuire, con la testimonianza della follia umana, alla costruzione della memoria storica.