Chiesa del Santo Volto a Torino. Progetto di Mario Botta
La fabbrica della chiesa
Testo di Carlotta Eco
Un nuovo polo urbano
Il progetto del nuovo complesso parrocchiale s'inserisce nel programma
delle trasformazioni previste dal piano regolatore generale di Torino del 1995.
Più in particolare, il progetto è il frutto di un PRIU, cioè "un programma
di riqualificazione urbana", pensato per reintegrare all'interno del
tessuto urbano l'insieme delle aree industriali dismesse negli anni Settanta.
La chiesa, infatti, sorge su un'area periferica conosciuta come "Spina
3" e caratterizzata dalla presenza di un ansa del fiume Dora e dalla
vicinanza del nascente passante ferroviario. Sin dagli anni Trenta del secolo
scorso l'area era sede degli stabilimenti della Michelin oltre che delle
fonderie e dei laminatoi della Fiat. Obiettivo della pianificazione urbanistica
è stato di riconvertire l'area in modo che accogliesse nuovi servizi e ben
10.000 nuovi abitanti senza peraltro perdere la caratteristica memoria propria
della "città del lavoro". Così, nel nuovo parco urbano previsto
all'interno dell'area verranno conservate tracce degli scheletri dei grandi
capannoni e le vecchie vasche di controlavaggio della fabbrica saranno
trasformate in moderne fontane. Allo stesso modo è stato chiesto ai committenti
e al progettista di integrare nel nuovo centro religioso la vecchia ciminiera
delle ex acciaierie. In definitiva la chiesa, insieme al nuovo parco,
rappresenta un nuovo polo urbano e non solo perché rispetto al centro città si
concentrano in quest'area una serie di nuove attività ma anche perché al luogo
storicamente identificato con il lavoro, oggi drammaticamente andato perso, si
sostituisce comunque uno spazio di aggregazione sociale.
La parrocchia come piazza urbana
In questo contesto sorge il nuovo complesso parrocchiale, un vero e
proprio centro pastorale diocesano che raccoglie in sostanza tutte le attività
di servizio alla curia che prima d'ora erano dislocate in vari edifici sparsi
in città. Oltre alla chiesa a pianta centrale da mille posti, il centro
comprende una serie di altre funzioni. Sotto l'aula centrale si trova una sala
ipogea per assemblee e convegni che diverrà una sala congressi per tutta la
cittadinanza. All'interno degli altri corpi, oltre ad uffici e appartamenti,
troviamo una cappella feriale per le funzioni quotidiane, una casa canonica, le
opere di ministerio pastorale e varie strutture di formazione e ricreazione per
i giovani. Questi edifici lineari a tre piani racchiudono inoltre lo spazio del
sagrato ricostruendo in tal modo una cortina stradale sul lato lungo del lotto.
Una ciminiera a sostegno della croce
L'ex-ciminiera delle acciaierie è diventata il simbolo del vecchio e
del nuovo utilizzo. Da un lato essa è memento e memoria visiva delle origini
industriali del luogo, dall'altro è una torre a sostegno della croce. Avvolta
da un cordone elicoidale in acciaio sul quale sono montate una serie di lamelle
che paiono spine, la torre luccica sia di giorno sia di notte, e al vertice dei
suoi sessanta metri sta una croce color argento. Le campane invece, di piccole
dimensioni, sono montate alla base della torre su un telaio rettangolare in
corrispondenza dell' ingresso principale. L'originaria funzione di evacuatore
di vapori è stata pienamente recuperata: anche adesso la torre contiene,
infatti, le canne fumarie. Grazie alla realizzazione di un montacarichi esterno
per i lavori di ripristino, in fase di cantiere, la torre ha funzionato da
osservatorio privilegiato da dove scattare le foto aeree che mostrano le
diverse fasi del lavoro.
La pianta eptagonale e lo spazio interno
La chiesa a pianta centrale si presenta esternamente come un corpo
circondato da sette torri perimetrali senza alcuna gerarchia architettonica
apparente. Ad ogni torre, poi, si aggiungono più esternamente di volta in volta
i corpi più bassi delle cappelle. Sia le torri sia le cappelle, grazie
all'estremità superiore tronca, fungono da lucernari immettendo luce indiretta
all'interno dell'aula. La scelta di una pianta a forma eptagonale, che è venuta
a coincidere con il forte significato simbolico-religioso, ha permesso di dare
un orientamento all'aula interna introducendo un'asse ingresso-altare rivolto
verso la città. Una scelta, quella di collocare l'ingresso all'interno del
sagrato piuttosto che in direzione del centro cittadino, che ha suscitato
numerosi confronti con la committenza. Mario Botta usa spesso il termine
"ingranaggio" per spiegare questa architettura; e non solo per
l'evidente similitudine formale ma anche in senso più metaforico per definire
il suo ruolo centrale e accentratore rispetto al contesto urbano poco
disegnato.
Le travi disposte a stella
In cantiere, la forma dell'eptagono inizia a materializzarsi con la costruzione delle travi a sostegno della soletta dell'aula principale. Data la vasta luce, circa 32 metri senza pilastri di sostegno, si è scelto di realizzare delle travi precompresse. Mentre una volta completato il getto della parte superiore l'immagine della stella è
naturalmente scomparsa, l'interessante intreccio strutturale rimane leggibile
nel soffitto della sala-convegni sottostante.
Così, nonostante la controsoffittatura, rimarrà a vista la parte inferiore delle travi che, variando di altezza, creano un ribassamento centrale. Per ragioni estetiche, poi, la sezione della trave è stata ridotta nella parte a vista per mezzo di una sorta di scuretto che ne riduce l'impatto visivo all'interno della trama. In questo modo, anche all'interno di questo spazio apparentemente autonomo dalla chiesa - accessibile in modo indipendente direttamente dal sagrato - si scorge nel disegno la complessità
dell'architettura soprastante.
La costruzione del vuoto interno
Il gioco di chiaroscuro che si crea all'esterno, e che conferisce un aspetto drammatico alle sette torri, che con le punte tagliate in sbieco richiamano i paesaggi della periferia industriale, si trasforma invece al suo interno. Entrando, si accede all'aula, molto luminosa e dai colori caldi ottenuti grazie alla diffusione in modo
indiretto della luce naturale sui materiali utilizzati per l'interno: il legno
di acero, l'intonaco a calce e la pietra di Verona.
Il vuoto che si crea all'interno nella copertura a forma di piramide è
costituito dall'alternarsi di spicchi pieni e spicchi vuoti, che ruotano su un
tamburo centrale che funge da perno. I volumi delle singole torri, svuotate al
loro interno per funzionare da lucernari, poggiano al centro sul cilindro
sospeso e perimetralmente su una coppia di pilastri. Questa soluzione tecnica
ha creato alcune difficoltà durante la costruzione. Ha imposto infatti
l'utilizzo di una quantità eccezionale di puntelli e casseri che, in
proporzione, hanno inciso non poco sui costi. Il tamburo centrale è stato
costruito e gettato per primo in modo che potesse esercitare da subito la sua
funzione di perno d'appoggio per le solette inclinate a loro volta base di appoggio
delle torri. La costruzione delle torri è avvenuta in seconda battuta proprio
per evitare le spinte eccentriche che il loro appoggio avrebbe creato. Le torri
sono state realizzate due a due in opposizione l'una con l'altra.
Nonostante la complessità costruttiva e le ampie dimensioni la copertura e più
in generale l'aula danno una piacevole sensazione di raccoglimento e non di monumentalità.
Un effetto dovuto probabilmente anche all'ottima acustica.
Nonostante il disegno dalla forte geometria centrale trovandosi al in mezzo
all'aula si percepisce una sottile relazione con l'ambiente esterno. Infatti la
luce proveniente dalla cima delle torri e dal tetto delle cappelle laterali si
modula e cambia di colore e intensità di setto in setto svelando, come un
orologio solare, l'orientamento dell'edificio.
La Sacra Sindone tradotta in pixel
Al progettista è stato poi chiesto di introdurre un elemento che
rappresentasse la "sacra sindone" all'interno della chiesa. L'idea
iniziale era quella di creare una sorta di bassorilievo ma poi si è optato per
una soluzione suggerita dalle possibilità offerte dalla tecnologia digitale.
Rifacendosi all'immagine del volto di Gesù impresso sul telo della "sacra
sindone" traducendo la fotografia in un'immagine binaria, ovvero
costituita da "pixel" bianchi e neri, Mario Botta insieme ai suoi
collaboratori è riuscito a ricostruire il santo volto attraverso una sapiente
tessitura delle pietre: mattoncini in "rosso di Verona" sono stati
infatti lavorati con due forme diverse e montati in modo da mostrare un
cuneo per creare una zona d'ombra oppure un lato piano per riflettere la luce.
Il risultato è che alle spalle dell'altare si scorge da lontano il viso di Gesù
che si materializza con l' effetto della luce radente proveniente dall'alto.
Progetto: 2001-2004
Realizzazione:: 2004-2006
Luogo: Via Val della Torre, Torino, Italia
Committente: Arcidiocesi di Torino
Architetto: Mario Botta Architetto, Lugano (Svizzera)
Direzione lavori: Studio O. Siniscalco, Torino (Ing. S. Dalmasso)
Progetto strutture: Studio O. Siniscalco, Torino (Prof. G.N. Siniscalco, ing. L.
Chiabrando)
Progetto impianti elettrici: E.L.Engineering Service srl, Torino(Ing. S. Berno,
ing. R. Zorzi)
Progetto impianti meccanici: Impro srl, Torino (Ing. R. Vaudano, ing. C. Zanovello)
Prevenzione incendi e sicurezza: Studio Progess srl, Torino (Ing. G. Amaro)
Consulenza acustica: Modulo Uno srl, Torino (Ing. G. Geppetti)
Coordinamento attività specialistiche: Ing. C. La Montagna, Torino
Coordinamento sicurezza progettazione ed esecuzione: Studio O. Siniscalco,
Torino (Ing. U. Siniscalco)
Impresa di costruzione: Itinera spa, Tortona
Superficie costruita: 26.300 mq
Volume costruito: 125.000 mc
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